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Valico Barbamozza
Valico Barbamozza Emilia-Romagna (Italia)
IL “PIRATA” DEL BRASIMONE
No, non siamo in un film di cappa e spada, dove loschi figuri dai nomi pittoreschi si affrontano per spartirsi un bottino. Niente duelli, niente mantelli svolazzanti. Qui la scena è diversa: più silenziosa, ma non meno suggestiva.
Sulle sponde del lago di Brasimone, e poi lungo il corso del torrente che ne porta il nome, corre una strada che sembra disegnata apposta per chi ama scoprire angoli nascosti. Collega il lago alla piccola località di Baigno, ma più che un semplice tragitto è un invito a rallentare, a guardarsi intorno, a lasciarsi sorprendere.
Si parte da La Guardata, lungo la SP62, e ci si infila su una lingua d’asfalto che segue la sponda destra del lago. La strada è stretta, il manto non proprio impeccabile, e l’assenza di barriere la rende poco adatta a chi vuole correre: qui bisogna procedere piano, senza fretta. E forse è proprio questo il segreto, perché il ritmo lento permette di accorgersi dei dettagli.
Gli scorci attorno al lago, infatti, hanno qualcosa di magico. A seconda dell’ora del giorno e della luce, lo specchio d’acqua cambia volto, e persino il livello sale e scende di alcuni metri, svelando rive limacciose che si trasformano in piccole “spiagge” improvvisate. Non si può fare il bagno — troppo pericoloso per via delle condotte forzate che creano vortici improvvisi — ma c’è chi si accontenta di stendersi al sole e bagnarsi appena i piedi, godendosi quell’atmosfera sospesa.
Poi, quasi all’improvviso, lo sguardo si imbatte in una presenza che rompe la quiete: la vecchia centrale nucleare del Brasimone. Un gigante incompiuto, abbandonato quando l’Italia decise di dire addio al nucleare. È lì, immobile, a metà fra rovina e monito, avvolto in un’aura che molti definiscono sinistra.
Attorno a quel colosso di cemento si sono intrecciate negli anni storie e leggende. Qualcuno parla di scienziati che vivrebbero nascosti al suo interno, intenti a portare avanti esperimenti segreti e pericolosi. Fantasie alimentate da mistero e ignoranza, certo, ma che contribuiscono a rendere ancora più affascinante — e inquietante — questo tratto di strada. Una strada che non è solo un collegamento tra due paesi, ma un viaggio fra natura, bellezza e ombre.
In realtà, quel colosso di cemento che un tempo incuteva timore non è affatto abbandonato a sé stesso. La vecchia centrale nucleare del Brasimone, oggi, sta vivendo una profonda trasformazione: da cattedrale incompiuta del nucleare a centro di ricerca all’avanguardia sulle energie alternative. Nessuno scienziato pazzo nascosto fra i corridoi, nessun esperimento oscuro — solo laboratori, idee e innovazione che guardano al futuro.
Lasciandoci alle spalle la centrale e il piccolo ponte che scavalca il torrente Brasimone, la strada si infila nel bosco. Alla nostra sinistra scorre il fiumiciattolo, discreto compagno di viaggio, mentre qualche raggio di sole filtra tra le fronde. Dopo poche centinaia di metri, un cartello sulla destra indica Barbamozza. Da qui comincia la salita.
La strada si stringe e s’inerpica rapida, incastonata tra prati e macchie di bosco. In meno di un chilometro si guadagnano quasi cento metri di dislivello, fino a raggiungere il punto di scollinamento. Qui, sul margine destro, appare un piccolo tabernacolo: risale al 1945 e custodisce una ceramica che raffigura la Beata Vergine di San Luca, silenziosa sentinella per chi passa.
Superata la sommità, la strada si tuffa in discesa. È più ripida della salita, e il fondo, sconnesso e irregolare, impone attenzione. Il nastro d’asfalto scivola veloce fino a congiungersi con la SP40 di Baigno: da qui, svoltando a destra si prosegue verso la Serra dello Zanchetto, mentre a sinistra la strada conduce al lago di Suviana, pronto a offrire un nuovo scenario e altre sorprese.
Armando Perlini
No, non siamo in un film di cappa e spada, dove loschi figuri dai nomi pittoreschi si affrontano per spartirsi un bottino. Niente duelli, niente mantelli svolazzanti. Qui la scena è diversa: più silenziosa, ma non meno suggestiva.
Sulle sponde del lago di Brasimone, e poi lungo il corso del torrente che ne porta il nome, corre una strada che sembra disegnata apposta per chi ama scoprire angoli nascosti. Collega il lago alla piccola località di Baigno, ma più che un semplice tragitto è un invito a rallentare, a guardarsi intorno, a lasciarsi sorprendere.
Si parte da La Guardata, lungo la SP62, e ci si infila su una lingua d’asfalto che segue la sponda destra del lago. La strada è stretta, il manto non proprio impeccabile, e l’assenza di barriere la rende poco adatta a chi vuole correre: qui bisogna procedere piano, senza fretta. E forse è proprio questo il segreto, perché il ritmo lento permette di accorgersi dei dettagli.
Gli scorci attorno al lago, infatti, hanno qualcosa di magico. A seconda dell’ora del giorno e della luce, lo specchio d’acqua cambia volto, e persino il livello sale e scende di alcuni metri, svelando rive limacciose che si trasformano in piccole “spiagge” improvvisate. Non si può fare il bagno — troppo pericoloso per via delle condotte forzate che creano vortici improvvisi — ma c’è chi si accontenta di stendersi al sole e bagnarsi appena i piedi, godendosi quell’atmosfera sospesa.
Poi, quasi all’improvviso, lo sguardo si imbatte in una presenza che rompe la quiete: la vecchia centrale nucleare del Brasimone. Un gigante incompiuto, abbandonato quando l’Italia decise di dire addio al nucleare. È lì, immobile, a metà fra rovina e monito, avvolto in un’aura che molti definiscono sinistra.
Attorno a quel colosso di cemento si sono intrecciate negli anni storie e leggende. Qualcuno parla di scienziati che vivrebbero nascosti al suo interno, intenti a portare avanti esperimenti segreti e pericolosi. Fantasie alimentate da mistero e ignoranza, certo, ma che contribuiscono a rendere ancora più affascinante — e inquietante — questo tratto di strada. Una strada che non è solo un collegamento tra due paesi, ma un viaggio fra natura, bellezza e ombre.
In realtà, quel colosso di cemento che un tempo incuteva timore non è affatto abbandonato a sé stesso. La vecchia centrale nucleare del Brasimone, oggi, sta vivendo una profonda trasformazione: da cattedrale incompiuta del nucleare a centro di ricerca all’avanguardia sulle energie alternative. Nessuno scienziato pazzo nascosto fra i corridoi, nessun esperimento oscuro — solo laboratori, idee e innovazione che guardano al futuro.
Lasciandoci alle spalle la centrale e il piccolo ponte che scavalca il torrente Brasimone, la strada si infila nel bosco. Alla nostra sinistra scorre il fiumiciattolo, discreto compagno di viaggio, mentre qualche raggio di sole filtra tra le fronde. Dopo poche centinaia di metri, un cartello sulla destra indica Barbamozza. Da qui comincia la salita.
La strada si stringe e s’inerpica rapida, incastonata tra prati e macchie di bosco. In meno di un chilometro si guadagnano quasi cento metri di dislivello, fino a raggiungere il punto di scollinamento. Qui, sul margine destro, appare un piccolo tabernacolo: risale al 1945 e custodisce una ceramica che raffigura la Beata Vergine di San Luca, silenziosa sentinella per chi passa.
Superata la sommità, la strada si tuffa in discesa. È più ripida della salita, e il fondo, sconnesso e irregolare, impone attenzione. Il nastro d’asfalto scivola veloce fino a congiungersi con la SP40 di Baigno: da qui, svoltando a destra si prosegue verso la Serra dello Zanchetto, mentre a sinistra la strada conduce al lago di Suviana, pronto a offrire un nuovo scenario e altre sorprese.
Armando Perlini
Scheda tecnica:
Passo a 910 mt slm alle coordinate N44.121115 E11.093176

Da Est: La Guardata 40032 BO a Ovest: Baigno 40032 BO
Circa 7 tornanti su Asfalto / Asfalto dissestato - Difficoltà: Bassa (32/100)
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